Quel che conta davvero è il punto di inizio

E se decidessimo di ristrutturare una casa? Oppure fossimo improvvisamente colti da una irrefrenabile voglia di bricolage? O ancora meglio, se illogicamente ci sentissimo ispirati dal Mosè di Michelangelo e, armati di scalpello iniziassimo a scolpire una statua?
Se una di queste ispirazioni, si affacciasse alla nostra giornata, da dove penseremmo di incominciare.

Per ristrutturare una casa, prima dei disegni, prima ancora dell’idea, si deve disporre una casa e, prescindendo dal talento e dalle tecniche necessarie, senza un blocco di marmo il Mosè resterebbe di certo senza un gemello; se poi si considera che Michelangelo Buonarroti presenziava personalmente all’estrazione dei marmi nelle cave di Carrara, al solo scopo di avere la materia prima migliore, comprendiamo immediatamente che, come recita il titolo, “quel’ che conta davvero è il punto di inizio”.

Nell’infinito mondo della produzione di alimenti dovrebbe funzionare alla stessa identica maniera.

Qui però la strada maestra incontra una biforcazione; una via porta al quantitativismo che, per definizione, attribuisce più valore agli aspetti quantitativi a scapito degli aspetti qualitativi, l’altro percorso conduce all’eccellenza. In entrambi i casi però quel che conta davvero è il punto di partenza, il blocco di marmo che si sceglie per la nostra personale scultura.

Pensate all’enologia. Il credo che accomuna tutti i grandi produttori di pregiati vini è che il vino si fa in vigna; certo, in cantina si svolgono delicatissime fasi finalizzate alla qualità del prodotto ultimo, ma se il vignaiolo è un improvvisato difficilmente si otterrà un nettare, al massimo si avrà del collutorio alcolico destinato agli scaffali di un supermercato, adorno di una sgargiante targhetta che ne pubblicizza nome e prezzo: “Nebbiolo d’Alba € 3,50”. Certo, come no.

Più che la fortuna, in un recente passato, ho avuto il tempo di partecipare a un corso della “Fondazione italiana sommelier” e, proprio per carenza di tempo, mi sono dovuto fermare al primo livello.

Ora, tralasciando la mia intenzione di completare il corso non appena riesco a far’ combaciare i numerosi impegni, quello che più mi ha colpito in un anno di intense ma piacevoli lezioni, è la maniacale attenzione che i grandi produttori riservano alle scelte che inizializzano un vino superiore. L’esposizione, la qualità del terreno, il numero di barbatelle da piantare per ettaro sono solo alcune, tra le tantissime regole inderogabili che si applicano per ottenere l’eccellenza.

E voi? Cosa volete ottenere voi con la produzione dei vostri salumi?

Puntate alla quantità o alla qualità?

Quantitativisti o eccellentisi

Se avete in animo di aderire alla prima delle categorie, quella che produce massa per la massa, ritengo sia disutile starvene qui a leggere queste righe che, sono certo, vi appariranno come le elucubrazioni di uno stolto.

Ritengo però, o almeno è la mia speranza, che non sono pochi gli artigiani che in questo mirabile settore ricercano e perseguono l’eccellenza, motivo per cui confido che avranno piacere e modo di leggere la serie di articoli che nelle prossime settimane avrò cura di pubblicare.

Cercherò di esporvi il percorso da intraprendere per fare in modo che a quella biforcazione possiate svoltare per la via della preminenza.

Una via che parte dal basso, dal blocco di marmo, fino alla comunicazione.

Seguirla o non seguirla? Una vostra scelta.

Cesare Martini  

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