Una commedia in tre atti.

Atto primo: Comunicazione.

“Metti una sera a cena”

Una frase a dir poco evocativa che tutti, almeno una volta abbiamo pronunciato, scritto o quantomeno letto. Un appuntamento galante? Un importante o meno incontro di lavoro? Quante pagine delle comuni vite sono state scritte a cena, a tavola. La tavola nei tarocchi è la carta chiave, intorno alla tavola si svolge la vita famigliare, la dove per famiglia si può avere a intendere anche la semplice e spensierata amichevole convivialità. 

Forse prima ancora che dove ci si nutre, è dove ci si confronta, dove si comunica. E già, la comunicazione. Pensateci, comunicare bene o meno bene; davvero si vuol credere che sia la stessa cosa? Tanto nella privata quotidianità, quanto nella sfera lavorativa, comunicare in maniera errata o poco esaustiva può fare la differenza tra pace e alterco, tra successo e rovescio.

Atto secondo: strumentazione.

“Va come una Ferrari”

Tutti abbiamo abusato di questa definizione, ma quanti di noi hanno avuto tra le mani una Ferrari? Pochi direi.

Una Cinquecento, per quanto accessoriata full optional, resta una cacchio di Cinquecento e, se si aziona il fantastico climatizzatore, quello a zone di ultima generazione e disgraziatamente ci si trova ad arrampicarsi su tortuosi tornanti bè, si hanno due possibilità: o si rinuncia al confort del clima, oppure si spinge la macchina a mano, perché le due cose la vettura difficilmente è in grado di soddisfarle; con buona pace della “Ferrari”.

Atto terzo: preparazione.

“È tutto casereccio”

Altra frase imbonitrice strausata e abusata.

Sarà capitato a tutti almeno una volta di trovarsi a ordinare al tavolo di un ristorante con il cameriere che elenca le prelibatezze caserecce del posto mentre stappa una bottiglia di Ferrarelle e si appresta a colmare i bicchieri dei commensali.

“Gli antipasti sono tutti fatti da noi, il pane abbiamo quello casereccio, i salumi li facciamo noi. Anche la pasta fresca facciamo noi, la carne è locale e i dolci li fa la signora. È il vino? Il vino abbiamo rosso, rosato e bianco della casa.”

Bene inizierei da quest’ultimo. La casa di chi!

Risultato: Pane duro di due giorni, una paccottiglia di niente servita come antipasto, le portate calde un ricordo di giorni migliori. Salumi che chiedono pietà, carne da mangiare tenendosi ben lontani dal muro, pasta fresca della grande distribuzione e risparmio i commenti sul dolce.

Per citare un caro amico: “complimenti per l’acqua minerale”; la Ferrarelle, l’unica cosa qualitativamente accettabile.

Prima che cali il sipario su questa “commedia in tre atti” vorrei invitarvi a riflettere.

Atto primo, secondo e terzo, anche se in un ordine asincrono, sono la metafora della quotidianità che ci accompagna.

Il corso di formazione che vedrà l’inizio lunedì 14 febbraio deve coinvolgervi in tutti e tre gli atti di questa ipotetica commedia.

Avrete a disposizione 3 professionisti, uno per ogni atto.

Cesare Martini, che poi sarei io, disporrà un percorso che vi permetterà di produrre salumi di qualità alta; ma solo se avrete il coraggio di mettervi in discussione.

Aldo Miraglia, con il suo più che ventennale bagaglio di esperienza, potrà mettervi a parte delle grandi innovazioni nel campo tecnologico alimentare e guidarvi, se lo vorrete, verso la migliore scelta possibile del singolo caso.

Pino Marangi, un professionista di grande esperienza nel campo della comunicazione; perché è insufficiente avere la migliore tecnologia e fare un prodotto di qualità elevata, se poi ci si riduce a comunicare in maniera errata le qualità del prodotto stesso. Non so voi, ma personalmente quando sento dire “è buonissimo, lo facciamo noi”, la prima cosa a cui penso è di scappare.

Augurare buon svolgimento del corso a tutti coloro che hanno deciso di prendervi parte è quel che mi resta da dire, per ora.

Cesare Martini    

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