Spesso capita che in questa rubrica io scriva di storie di vino, a volte di arte, seppur’ nei limiti che la mia conoscenza mi impone; altre volte, sebbene dovrebbe essere l’argomento primo, succede anche che io parli di salumi.
È che, vedete, associare questi argomenti viene così spontaneo che delle volte perdo il bando della matassa. Del resto salumi e vino sono un connubio apprezzabile e per questi magnifici prodotti serve avere arte. Ed ecco che le differenze cadono a favore di una splendida sinergia.
Vi starete chiedendo allora perché, niente vino per questa sera; è presto detto.
Come sapete domani sarà ai blocchi di partenza il primo corso del 2022 per i salumi stagionati e, come tutte le sere che precedono l’inizio di un corso, c’è un bel da fare perché tutto sia pronto e poco importa se è domenica sera.
Stanchezza dunque? Forse un po’, ma ci vuol ben altro per farmi rinunciare a un rilassante calice di buon rosso.
La verità è che ho appena finito di scrivere la prefazione del testo da utilizzare durante le sessioni del corso. Ve la propongo a conclusione di questo articolo, sono certo che comprenderete che, dopo aver menzionato un grande, forse il più grande dei produttori, è quasi delittuoso sorseggiare un vino qualsiasi. A dire il vero una sua bottiglia alloggia nella mia cantinetta, ma merita a dir poco una santa bistecca ben frollata e quella proprio mi manca.
Per cui:
Per stasera niente vino.
Prefazione
Fare, saper fare, saper far’ fare e fare bene.
Una frase che racchiude in sé l’idea assoluta che ogni operatore deve sentire propria per poter eccellere.
Una frase che ho udito pronunciare per la prima volta da Angelo Gaya durante la sua memorabile lezione nel marzo del 2017 presso Borgo Egnazia. Una frase che ho fatto mia immediatamente.
Avevo davanti a me un uomo che, a 77 anni, dopo una vita intera dedicata all’eccellenza, dopo aver prodotto vini tra i più blasonati del mondo, era lì, davanti a me a spiegare il perché avesse deciso di piantare dei cipressi a ridosso dei vigneti. Badate, poco o nulla aveva a che vedere con funzioni ornamentali. Si trattava di una soluzione caldeggiata dagli agronomi. In sintesi la convivenza dei cipressi con i preziosi ceppi di nebbiolo, avrebbe contribuito a rendere questi ultimi qualitativamente più performanti.
A meno di una longevità poco comune, vedere i cipressi diventare maestose piante, per lui era fuori discussione però. Però li stava piantando ugualmente.
Fare, saper fare, saper far’ fare e fare bene.
Sapete, è davvero poca la differenza tra il fare salumi e produrre vini.
Ci sono vini di qualità talmente bassa, talmente simili a un collutorio alcolico che ci si chiede dove si possa trovare il coraggio di metterli in tavola.
Ma in tavola li troviamo.
Ci sono vini di qualità mediocre, eccellenti catalizzatori per favorire memorabili mal di testa. E anche quelli troviamo in tavola.
Che dire poi dei “vino della casa”; qualcuno dovrà spiegarmi presto o tardi la casa di chi. Roba che, dovesse usarlo per la messa, trasformerebbe il malcapitato prete in un astemio con tendenze all’idrofobia e, per carità divina, toglieteli dalla tavola.
Poi c’è l’eccellenza, l’unicità.
E voi, anzi noi, dove vogliamo collocarci noi.
È quando credi di essere all’apice dell’esperienza, quando pensi di aver visto e appreso tutto; se sei tra quelli del fare, è lì che saper fare ti porta a ricominciare.
Il cammino che conduce all’eccellenza ha mai fine? La risposta sta a voi.