Fuori dagli schemi

“Dagli antichi romani ai giorni nostri, i salumi hanno sempre fatto parte della nostra cultura alimentare. Le prime tracce di carni lavorate risalgono al quinto secolo A.C. e, in tarda epoca romana, le cosce di suino lavorate erano considerate così pregiate che assunsero valore di moneta corrente di scambio.”

No no, lasciamo perdere.

Troppo cattedratico, per non dire sterile. Oggi andremo oltre i racconti schematici e mielosi della fin troppo abusata “tradizione”; non so voi, ma io inizio seriamente a stufarmi di udire e leggere di fantomatiche tecniche tradizionali e di pregiatissime carni di “Suino Nero di val qualcosa”,alimentato rigorosamente con alucce secche delle zanzare della Patagonia.

Perdonate il tono palesemente sarcastico ma quando è troppo è troppo per cui.

Per cui parliamo d’altro, parliamo si di salumi, ma di salumi differenti. Vediamo un po’, potremmo parlareee, ma sì, perché no, potremmo parlare per esempio di:

Salumi da selvaggina e da carni insolite.

Anche queste tipologie di lavorazioni fanno parte del bagaglio gastronomico e culturale italiano infondo. Pensiamo alle regioni appenniniche e a quelle alpine.

Che ne pensate di un salame da taglio con carne di cervo e capriolo, oppure di una mocetta di capra. E di un meraviglioso cosciotto di cinghiale stagionato? Ne avete mai sentito parlare?

E ancora: un “prosciutto di pecora”, uno “speck d’anatra”, una “spalla cotta di San Secondo” degli “sfilacci di puledro affumicati”, di una “bresaola di cervo” oppure di un “prosciutto di camoscio”.

Vedete miei cari, la carne è solo carne, differenzia per gusto, profumo e aspetto, ma infondo si comporta tutta alla stessa maniera. È un elemento duttile e generoso che ha solo bisogno di cura e rispetto.

Rispetto appunto, è questo il primo passo per fare qualcosa di concretamente buono.

Certo potrei scrive di “salumi di selvaggina locale” (il famoso Cervo Nero della valle d’Itria), prodotti magari con “spezie nostrane”, ma penso comprendiate che, nel qual caso io scrivessi queste stupidaggini, la mia credibilità risulterebbe pari a quella di un venditore di unguenti dimagranti.

Per concludere, produrre dei salumi con carni alternative è certamente una gran soddisfazione ma rimane uno sfizioso fuoriprogramma, più utile a misurare la nostra abilità che al resto.

Fuori dagli schemi.

E se significasse maggiore impegno nel migliorare il nostro prodotto, magari con una riduzione drastica di fantasiose narrazioni?

Pensateci, io lo farei.    

 Cesare Martini

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