Le vie del sale sono infinite

Il sale, questo immenso e generoso elemento e alimento naturale che per secoli ha, suo malgrado, dichiarato guerre, creato stati e delineato confini, scoperto nuove terre, determinato la nascita di nuovi popoli, favorito lo sviluppo di nuove culture. Dall’Africa all’Asia, dal cuore dell’Europa fino alle terre del nord, il sale e la storia della sua produzione e consumo, si intreccia strettamente con la storia della distribuzione dei popoli prima e quindi con quella degli stati poi. Gli insediamenti umani stessi sono stati determinati dalla presenza o meno di sale nei territori.

“Al di là di quelle fiere si stende un’altura di sabbia, da Tebe d’Egitto alle colonne d’Ercole. In questa zona, all’incirca ogni dieci giorni di cammino, ci sono blocchi di sale e collinette, e sulla sommità di ciascuna collinetta zampilla da mezzo il sale acqua fresca e dolce, e attorno vi abitano gli uomini.”

Lo scriveva lo storico greco Erodoto nel quinto secolo avanti Cristo.

Come non fare riferimento poi alla storica marcia del sale di quella buona e santa anima di Gandhi. Marcia che simboleggiò l’indipendenza dell’India dall’impero Britannico, impero a cui gli indiani erogavano un tributo appunto sul sale; tributo reso più ingiusto perché applicato su un alimento vitale.

Vitale. Il sale dunque è vita.

Il sale però non è tutto uguale; questo è un fatto che va al di là dei bislacchi nomi commerciali. Sale rosa dell’Himalaya, sale marino, salgemma, sale nero di Cipro e, andando avanti, potrei comporre qualcosa di molto simile all’elenco telefonico di una cittadina di medie dimensioni.

La verità è che si tratta del più classico dei sistemi per instupidire i consumatori che si autoconvincono della bontà di un apparentemente differente prodotto, mentre in realtà, in definitiva, si tratta di semplice, banale e comunissimo “cloruro di sodio” in quota non inferiore al 96% che, a sua volta, contiene il 40% di sodio e il 60% di cloruro quindi.

Quindi di cosa stiamo parlando.

Quello che non si sa, che non viene certo pubblicizzato, è che l’industria in nome del profitto ha banalizzato questo prezioso prodotto rendendolo, in certi casi, addirittura nocivo.

Lo ha denaturato trattandolo chimicamente per eliminarne quasi, se non tutte, le qualità nutritiva di cui in natura è ricco al solo scopo di renderlo più stabile attraverso il processo di raffinazione.

La raffinazione industriale distrugge completamente tutti gli 82 oligominerali nutritivi del sale integrale, lasciando attivi gli unici due di cui si potrebbe fare a meno ma che danno sapidità ai cibi e che per legge fisica favoriscono la conservazione degli stessi.

Come spesso dico e lo dico al punto che è quasi diventato un mantra.

Noi si fa salumi.

Prodotto che per definizione prevede l’utilizzo di sale e questo è un fatto.

Quello che possiamo fare è trovare il sistema per utilizzarne un quantitativo minore ottenendo lo stesso risultato e, magari, utilizzare un sale integrale così da apportare ai nostri salumi quelle qualità nutrizionali così preziose per l’organismo. Le stesse per cui da Tebe d’Egitto alle colonne d’Ercole, interi popoli hanno viaggiato creando città e stati sulla via del sale.

Riduzione drastica del sale e l’impiego di una qualità superiore, è questo l’obbiettivo. Ci sto lavorando ormai da qualche anno e sono ragionevolmente convinto di essere vicino al traguardo.

Non vogliatemene se chiudo con una battutaccia, ma quando ci vuole ci vuole.

La felicità è il sale della vita e cosa può rendere più felici che

un profumato,

inebriante,

irriverente panino con del meraviglioso salame.

 

Cesare Martini 

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