
Fare, saper’ fare, saper’ far’ fare e fare bene.
Una frase che racchiude in sé l’idea assoluta che ogni operatore deve sentire propria per poter eccellere.
Una frase che ho udito pronunciare per la prima volta da Angelo Gaya durante la sua memorabile lezione nel marzo del 2017 presso Borgo Egnazia. Una frase che ho fatto mia immediatamente.
Avevo davanti a me un uomo che, a 77 anni, dopo una vita intera dedicata all’eccellenza, dopo aver prodotto vini tra i più blasonati del mondo, era lì, davanti a me a spiegare il perché avesse deciso di piantare dei cipressi a ridosso dei vigneti. Badate, poco o nulla aveva a che vedere con funzioni ornamentali. Si trattava di una soluzione caldeggiata dagli agronomi. In sintesi la convivenza dei cipressi con i preziosi ceppi di nebbiolo, avrebbe contribuito a rendere questi ultimi qualitativamente più performanti.
A meno di una longevità poco comune, vedere i cipressi diventare maestose piante, per lui era fuori discussione però. Però li stava piantando ugualmente.
Fare, saper fare, saper far’ fare e fare bene.
Sapete, è davvero poca la differenza tra il fare salumi e produrre vini.
Ci sono vini di qualità talmente bassa, talmente simili a un collutorio alcolico che ci si chiede dove si possa trovare il coraggio di metterli in tavola.
Ma in tavola li troviamo.
Ci sono vini di qualità mediocre, eccellenti catalizzatori per favorire memorabili mal di testa. E anche quelli troviamo in tavola.
Che dire poi dei “vino della casa”; qualcuno dovrà spiegarmi presto o tardi la casa di chi. Roba che, dovesse usarlo per la messa, trasformerebbe il malcapitato prete in un astemio con tendenze all’idrofobia e, per carità divina, toglieteli dalla tavola.
Poi c’è l’eccellenza, l’unicità.
E voi, anzi noi, dove vogliamo collocarci noi.
È quando credi di essere all’apice dell’esperienza, quando pensi di aver visto e appreso tutto; se sei tra quelli del fare, è lì che saper fare ti porta a ricominciare.
Il cammino che conduce all’eccellenza ha mai fine? La risposta sta a voi.
Cesare Martini